LE GEMELLE COI CAPELLI DI FIAMMA





PARTE SESTA: La pioggia sui vetri

Infine la pioggia era arrivata, gocciolando nel pomeriggio e scrosciando alla sera. Gli abitanti del villaggio si erano tutti chiusi in casa, con delle scorte di cibo, mentre coloro che erano da poco giunti in quel luogo si affollavano in locanda.
Mimulus si era scelto un tavolo accanto alla finestra e con lui sedeva Fragaria, l'unica elfa presente nel locale. Il fatto di essere in due dava conforto, in mezzo a quella caotica confusione di umani. “Come mai si chiama la Locanda del Folletto, visto che di folletti non ne ho ancora incontrati” domandò l'elfo alla pari razza, mentre condividevano una cena a base di minestrone di verdure e pane imburrato.
“E' un tributo ai folletti che c'erano una volta. Vedi, qualche secolo fa qui vivevano solo queste creature ed al posto dei campi e del frutteto vegetava una bellissima foresta. I folletti erano i custodi dell'Albero della Purezza, che trasformava ogni cosa malvagia in qualcosa di puro e benevolo”.
L'elfo la ascoltava interessato, immaginandosi un regno molto felice, lontano dall'odio e dal rancore, quindi chiese “Come mai adesso non ci sono più?”
“I goblin volevano conquistare il territorio ed i loro sciamani si unirono per gettare ogni sorta di maleficio contro l'albero. Inizialmente fallirono, ma alla fine riuscirono a fare breccia con qualcosa più potente dell'albero stesso, che poco alla volta morì e non ci fu soluzione adatta per farlo migliorare. Da allora la landa perse la sua purezza, le acque si infettarono, le piante si ammalarono, gli animali migrarono e l'aria diventò puzzolente”.
Mimulus smise di mangiare e guardò fuori dalla finestra, atterrito per il terribile racconto “Eppure adesso è così verde e rigoglioso, come è possibile che una volta era un posto tanto ripugnante?”
“Lo era eccome” ribadì l' elfa “Ed i goblin ci vissero per un periodo, finchè non si avvelenarono con la loro stessa acqua putrida ed il cibo marcio. Molti morirono mentre pochi altri sopravvissero e riuscirono ad andarsene”.
“E poi cosa successe?” volle sapere l'elfo.
“A quanto pare, alcuni folletti avevano conservato il seme del frutto dell'Albero della Purezza e riuscirono a farlo germogliare. Quando l'alberello fu abbastanza forte, lo trasportarono in questa valle e lo piantarono in un posto segreto che conoscono solo loro. La magia del nuovo albero purificatore risanò poco per volta la zona, ma ancora oggi non è del tutto a posto. Vedrai i Lemm, quando smetterà di piovere. Sono il residuo dei malefici degli sciamani goblin. Alcuni dicono che sono la manifestazione delle anime dei goblin morti avvelenati”.
“Agghiacciante. Ma tu cosa ci fai in questa valle così pericolosa?”
Fragaria sospirò prima di rispondere “La mia famiglia è stata distrutta dalla guerra ed io sono fuggita. Lungo la strada ho raccolto bambini rimasti orfani e li ho portati con me. Sono giunta qui e ho visto che la guerra è solo marginale così ho deciso di stabilirmi per un po', anche per il benessere dei bambini...”
“Ehi Fragaria cantacene una!” esclamò un umano seduto al bancone.
L'elfa, scusandosi, si alzò dal tavolo, andò a prendere l'arpa riposta sul fianco del caminetto, si sistemò per bene e poi iniziò a suonare. Magicamente tutta la sala si azzittì e tutti quanti la ascoltarono rapiti, persino Mimulus, che riconobbe in lei un grande talento musicale. La ragazza non era solo brava a suonare l'arpa, ma aveva un animo estremamente generoso perchè si occupava di orfanelli sconosciuti che trovava per strada.
Il mago dovette riconoscere che a volte lui era stato ingiusto con il prossimo, quando invece un aiuto lo poteva dare.
Di nuovo guardò fuori dalla finestra. La notte era cupa e la pioggia batteva ritmicamente sui vetri, i quali emanavano nel locale il freddo notturno e bagnato. La musica di Fragaria pareva mescolarsi con la musica della pioggia sui vetri, raccontando così, nell'immaginazione dell'elfo, la stessa storia che prima era uscita dalle labbra dell' elfa. Scene, colori, dolori ed odori gli affollavano il cervello mentre le scene scorrevano, così come le gocce sulla finestra colavano velocemente verso terra lasciando il segno con le loro scie.


PARTE 5 PARTE 7


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