Io sono la Regina



L'autunno era tornato come ogni anno ad accendere il mondo di colori. Intensi, brillanti, ammalianti. Nell'aria si respirava l'umido delle prime piogge non più estive, del muschio che si faceva strada sulle radici degli alberi e sui sassi e della terra coperta dalle foglie cadute. Guardando le sfumature e le tonalità che differivano nelle foglie a seconda degli alberi a cui appartenevano, mi chiesi se il giallo dei tigli e delle betulle non fosse un ultimo saluto al sole, se il rosso delle querce e degli aceri non fosse un ricordo delle passioni amorose che si accendono ed ardono nella bella stagione e se il marroncino che alla fine ricoprirà ogni singola foglia non sia un ringraziamento alla terra che ha nutrito tutti noi ancora una volta.
Come non si fa ad amare l'autunno?
I suoi colori sono così attraenti che starei ore a guardare le chiome che perdono le foglie in una pioggia a tratti dorata ed a tratti rubina.
In quell'autunno che mai scorderò, andavo spesso a fare una passeggiata per i boschi delle montagna vicine a casa mia. I rami scricchiolavano sotto al venticello che portava il primo freddo, i ricci cadevano al suolo con un sordo tonfo e rotolavano giù dai pendii, le foglie regalavano una pioggia che frusciava, simile alla voce di invisibili spiriti.
Mi sentivo osservata e la sensazione mi dava benessere. Le piante mi guardavano e con essi gli spiriti del bosco. Ne ero più che certa.
Mi sedetti tra due betulle su un comodo cuscino di foglie gialle e, piegando le gambe al petto, guardai attraverso il portale che le due formavano, liberando la mente e respirando leggera. L'eccessiva umidità della stagione, che andava a farsi sempre più fredda, aveva creato nel sottobosco la foschia, sfumando i contorni di ogni cosa e dava un senso di mistero a tutto ciò che mi circondava. Fu in quello stato di esistenza tra i due mondi che, dai riccioli morbidi della foschia mossa da una leggera e gelida brezza, vidi ombre di persone che non appartenevano al mio mondo. Non me ne stupii, perchè era giunto il Samonios, perciò sapevo che tutti i mondi di esistenza erano collegati, tuttavia mi chiesi chi fossero quei figuri e dove erano diretti. Mentre li osservavo sfilare, capii che erano in grado di leggermi la mente, l'anima, il cuore e, tramite questi, provavano a comunicare con me. Mi alzai in piedi, un poco spaventata, da una parte intenzionata a tornarmene sui miei passi e dall'altra tentata di varcare la soglia ed entrare nel mondo di quelle ombre, ma alla fine decisi che era meglio stare ferma lì dov'ero e capire che cosa loro volevano da me.
“Hai il cuore pieno di sofferenza, cosa ti è accaduto?” mi sentii domandare.
“Ho sofferto, per amore. Sono stata lasciata e questo mi ha ferita molto” risposi, consapevole che non potevo mentire.
“Ma hai uno spirito molto forte, tu non ti sei fatta sopraffare dal dolore...”
“No, ho continuato per la mia strada” fui orgogliosa di dire.
“Però ti senti sola, sei una povera ragazza abbandonata, nessuno è disposto ad amarti, nessuno vuole costruire un futuro con te” insinuarono le ombre.
“Sì è vero, è così. Sono sola... sola...”
Quella parola mi rimbombò nella testa più volte ed ogni volta era come se mi pugnalasse il cuore in profondità.
“Eppure dentro di te c'è una forza rinnovata. E' come se fosse nata una nuova luce”.
Sgranai gli occhi, sorpresa, poi pensai ai mesi estivi appena trascorsi e sorrisi. Ancora una volta quella gente aveva ragione.
“Sì... qualcuno ha apprezzato la mia fantasia, la mia sensibilità, il mio corpo, facendomi ricredere su me stessa” ammisi.
“E' venuto il Dio delle Selve, è venuto a trovarti” dissero tutti quanti in coro “E' venuto in sembianze diverse per accarezzare il tuo cuore, guarire il tuo spirito e consolare la tua carne. E' venuto il Re delle Selve per ricordarti che sei la sua regina, anche quando le tenebre dello sconforto di avvolgono e ti imprigionano, addolorandoti”.
Tentennai, colpita da questa rivelazione. Non me n'ero accorta, non ci avevo fatto caso. Ero così sconvolta e sopraffatta dalle mie emozioni negative che ero diventata cieca di fronte ad un'ovvietà tanto grande.
Sorrisi a quelle ombre che mi avevano aiutato a fare chiarezza in me stessa. “Come ti senti?” mi chiesero loro.
“Mi sento più donna” dissi con fermezza.
“Non una donna qualsiasi...” mi corressero, perchè sapevano che non dicevo tutta quanta la verità. “Mi sento una regina, la regina che si avvolge di tenebre per celare i suoi segreti agli indegni; la regina della luce che mette in chiaro ciò che non deve restare nascosto; la regina della creazione che fa cantare le stelle, fremere i cuori e concepire cose nuove. Ecco chi sono: la regina!” A queste mie parole tutte le sagome si inchinarono solennemente a me, poi un refolo di vento spazzò via la foschia e con essa anche quelle ombre, trasformandole per un attimo in piccoli puntini luminosi che brillarono nella selva prima di estinguersi.
Ormai si era fatto buio ed io, forte della mia consapevolezza, attraversai il bosco per tornare a casa, sorridendo, perchè ogni creatura era attenta al mio passaggio e con il suo spirito mi toccava l'anima, rendendomi omaggio. Io ero e sono ancora la Regina.




 

 

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